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La quarantena al Cairo


In occasione del mio compleanno alcuni hanno ben pensato di sfruttare il nostro unico momento di conversazione annuale per informarsi su qualcosa per il quale evidentemente ritenevano Google poco qualificato: “oh, ma come è la quarantena in Egitto?”. Ma no, nessun risentimento, ci mancherebbe.

Comunque, nonostante io stessi in casa come tutti e di Egitto ne veda ben poco, ho potuto comunque rispondere amichevolmente descrivendo la situazione e sciorinando le statistiche del contagio nell’unico luogo su cui ho visibilità: il mio salone. Davvero, nessun rancore.

A distanza di qualche giorno, tuttavia, ho pensato di approfondire alcuni aspetti.

In realtà, credo che il fatto di trovarmi in Egitto e di essere stato quotidianamente in contatto con almeno altri due paesi (Marocco e ovviamente Italia) mi abbia garantito un punto di osservazione privilegiato sull’evoluzione della situazione e, in alcuni casi, una sensazione di deja vu.

Per esempio, lo stesso sarcasmo e lo scetticismo di chi in Italia bollava il virus come solo un’influenza passeggera l’ho risentito qui al Cairo a distanza di qualche settimana (e a volte lo sento ancora). Sorprendentemente, anche le fake news che circolavano su whatsapp erano le stesse (pari pari!) e tradotte in lingua locale: da presunti rappresentanti delle istituzioni che “si lasciavano sfuggire” informazioni su drastici provvedimenti governativi a storie su persone che, sapendo di essere state contagiate, organizzavano fantomatiche feste di addio con centinaia di invitati.

La cattiva influenza dei social media l’ho notata anche in altri aspetti. Ad esempio, almeno all’interno della mia impresa, siamo stati noi italiani ad andare per primi in paranoia, in quanto bombardati dalle cattive notizie che monopolizzano le nostre bacheche su facebook. Con la conseguenza che almeno un paio di colleghi connazionali hanno unilateralmente deciso di cominciare a lavorare da casa giorni prima che divenisse raccomandato o obbligatorio in Marocco o in Egitto.

Ad inizio Marzo, man mano che la situazione in Italia diventava sempre più difficile e che gli altri paesi cominciavano a limitare l’accesso agli italiani, anche al Cairo si era cominciata una sorta di xenofobia.

Una volta l’autista di un taxi è scoppiato in una risata isterica e incontrollata dopo aver scoperto da dove venissi, al punto che dovetti tranquillizzarlo e digli che non andavo in Italia da Dicembre.

A pochi giorni di distanza, un barbiere nel mio quartiere avrebbe affisso un cartello all’entrata proibendo l’accesso agli italiani - e vabbé - e agli asiatici (!!), evidentemente non fidandosi troppo delle sue capacità di distinguere cinesi da, chessò, indiani o uzbeki.

Da parte mia, in quanto italiano su FB, sapevo che mi sarei comportato irrazionalmente se non avessi mantenuto il sangue freddo. Così, sempre verso inizio Marzo, ancora mi recavo normalmente dal barbiere per notare che, caspita, chissà quante facce hanno toccato quelle mani. Accidenti, chissà quanto sudore hanno assorbito quegli asciugamani. Perbacco, ma come è stretta questa stanza. Accipicchia, ma che caldo fa qui dentro. Porcoggiuda, ma chi cazz me l’ha fatta fa..?

Tuttavia, nonostante la solita ardita calma e gesso, riconosco di aver perso la testa per un attimo. E’ stato un mercoledì sera:

  1. per tutta la settimana non si era parlato d’altro: i colleghi cominciavano a raccontare le storie di un amico del cugino che.., il cognato dello zio che.., e via dicendo.

  2. Il governo egiziano stava annunciando l’emergenza meteo nazionale per una tempesta che avrebbe paralizzato la città per i successivi due giorni.

  3. Persino il collega nordico (tedesco) mi confessava di aver fatto le spese per prepararsi a chiudersi in casa.

Tornai a casa in fretta e furia per scaricare l’app di Carrefour e ordinare le scorte per i tempi bui, fra cui: l’immancabile pacco da 24 rotoli di carta igienica, chili e chili di riso e scarsi 800 g di pasta (mah), e ben quattro bottiglie di detersivo per i piatti (di due marche diverse!). Da quel giorno, nutro dubbi sulle mie capacità di pianificazione di fronte all’emergenza.

E niente, poi è iniziata la quarantena. Quindi è davvero difficile raccontare qualcosa di diverso dalle video-chiamate con i figli urlanti dei compagni di classe delle superiori (e a tratti coi loro genitori), delle lunghe conversazioni con la mia scimmia domestica, o dei manicaretti che mi cucino il weekend e che mi mangio per i 6 giorni a venire.

Una cosa è vera, però. Anche al Cairo, la natura comincia a riprendersi possesso dei suoi spazi: dai piccioni che nidificano sul davanzale, agli scarafaggi che spuntano dalla vasca da bagno, alle formiche che si re-impossessano della cucina. La pandemia ha messo davvero a nudo l’inquinamento causato dalle signore delle pulizie.

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