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Egypt intensive


La mia permanenza in Egitto sarebbe dovuta durare 3 mesi, un tempo lunghissimo per quelli pieni di pregiudizi, ma in realtà estremamente breve per un Paese così geograficamente, storicamente e culturalmente grande. Così, dopo i primi due mesi di moderazione (ufficialmente sarei qui per lavoro), ho riempito il mese di Marzo di viaggi e cose da fare:

El Gouna

Una specie di grande villaggio vacanze sul Mar Rosso, carino quanto artificiale. Ci vado con dei colleghi per un finesettimana lungo ma, soprattutto a causa della loro pigrizia, niente di memorabile succede.

Vabbè, fare il bagno al mare il 2 Marzo fa sempre piacere.

Alexandria

Una città sempre affascinante nell’immaginario di molti, probabilmente a causa del mitico Faro (non esistente da tempo immemore, ci hanno costruito e ricostruito diverse fortezza sopra) e della celebre Biblioteca (anche lei, quella famosa, distrutta tempo fa. Oggi rimpiazzata da una struttura architettonicamente interessante, ma con troppi scaffali troppo vuoti).

A parte i fantastici taxi vintage giallo-neri, e le catacombe decorate con un misto mai visto prima di arte romano-egizia, la cosa più stupenda è accaduta il sabato sera in un baretto da quattro soldi.

Qui, fra le tante persone a divertirsi, un trio di hijabine (ragazze con il velo) con i rispettivi ragazzi hanno dato spettacolo – ai miei occhi e non solo – ballando e dimenandosi in pista da ballo in modo anche provocante e sensuale, e addirittura invitando a ballare il mio timido amico Hazem. Una di loro, scatenata addirittura al punto da togliersi il velo per asciugarsi il sudore e tornare in pista a capelli sciolti (salvo poi rimetterselo prima di lasciare il locale).

In Egitto avevo già visto hijabine bere alcolici, cosa che in Marocco danno per impossibile, ma mai ne avevo viste ballare reggaeton..! Lo pensavo impossibile e invece no, ed è sempre bello ricordarsi che tra il bianco e il nero esistono mille sfumature di grigio.

Aswan

La cosa che più volevo fare durante la mia permanenza era viaggiare nel profondo dell’Alto Egitto, in una regione nota come Nubia – dal nome dell’etnia dominante a cavallo fra Egitto e Sudan.

Sono stato ospite della famiglia di Mohamed, nubiano doc, nella sua casa situata sull’Isola Elefantina, nel mezzo del Nilo. A differenza di quanto accaduto per l’Isola degli Elefanti in Mozambico, questa volta non mi sono fatto prendere dall’eccitazione per il nome. E infatti, di elefanti neppure l’ombra –forse solo vagamente la forma del sedere, richiamata da alcune rocce lungo le sponde.

Sulla stessa isola ho conosciuto anche Ahmad, ventenne che gestisce un caffè shop senza caffè, che preferisce senza dubbio le nubiane alle egiziane, e che mi mostra il suo piccolo coccodrillo domestico, raccattato dal fiume pochi mesi prima.

Il motivo principale del mio viaggio in Nubia è stata la possibilità di vedere Abu Simbel, glorioso tempio voluto da Ramses II (credo) e perfettamente conservato dalla sabbia sahariana per oltre 2700 anni. Da restare assolutamente a bocca aperta.

Nell’osservarlo, mentre io ancora mi massaggiavo le mascelle slogate, Hazem ha commentato: “Sono scettico, sai, Ramses è stato un re molto controverso..”, con la naturalezza di chi stesse parlando di un politico contemporaneo.

Poi però ha aggiunto: “E’ così bello che sembra falso”.

Luxor

Giacché mi trovavo al sud, ho pensato di fare un salto anche a Luxor (Tebe, sui libri di storia), ad ammirare:

- la Valle dei Re, burinamente definibile come un cimitero per ricchi, ma incredibile per il solo fatto di essere stata concepita;

- i Colossi di Memnone, che non so se cantino all’alba come dice la leggenda, ma di sicuro tacciono a mezzodì;

- il Karnak, Hatshepsut, e altri 100 fra templi, siti archeologici e musei. Abbastanza da sovrapporre millenni di dinastie, regni e nomi , e non sentirne il bisogno per i prossimi anni.

Di Luxor ricorderò purtroppo le estenuanti molestie di venditori e.. di tutti gli altri, cominciate prima ancora di scendere dal treno e che sono arrivate ad includere anche la necessità di negoziare un prezzo per fare pipì.

A Luxor è avvenuta anche la mia prima negoziazione in arabo, necessaria con l’ultimo taxi per l’aeroporto. Esercizio che mi torna utile, in vista dell’ultimo impegno di questo marzo:

Il test di arabo

Ovvero il test di livello base base base, per cui sto vagamente studiando e per il quale, nonostante i miei sforzi, non riesco a memorizzare più delle prime tre lettere dell’alfabeto:

e – be – te.

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