Compro e vendo
- Antonio Pilogallo
- 9 mar 2019
- Tempo di lettura: 4 min

Lo dico sempre. Casablanca è praticamente un grande mercato dove, se vuoi, puoi comprare davvero di tutto: dalla carne di maiale locale alla più raffinata cucina giapponese, dalle Ferrari ai motorini a pedali Ciao, da manovalanza a bassissimo costo a consulenza qualificata per trading finanziari in borsa. La festa del consumismo, a cui è francamente difficile sottrarsi.
Non tutti gli acquisti vanno a buon segno. Come quella volta che volevo un cellulare nero e me ne ritrovai uno rosa.
Altre transazioni sono invece il frutto di processi più lunghi e faticosi.
Già qualche mese fa, volevo comprare un Guembri, ovvero una specie di basso tradizionale utilizzato per creare loop ipnotici ripetuti all'infinito, in un genere musicale conosciuto come Gnawa.
Così un sabato pomeriggio ho deciso di avventurarmi per la Medina di Casablanca dove, tempo addietro, avevo scoperto esserci un piccolo hub di realizzazione artigianale e vendita di strumenti tipici. Al mio seguito una amica egiziana (per la comunicazione in arabo) e un amico francese (per dissuadermi dallo spendere troppo).
Dopo qualche giro a vuoto, finalmente imbocchiamo il vicolo giusto, sui cui due lati si trovano una decina di piccole botteghe o negozi specializzati.
Entriamo nel primo, piuttosto grande, dove ci accoglie un ragazzino di 11-12 anni. Il negozio è ben fornito e siccome non volevo fare aspettare troppo i miei amici individuo al più presto uno strumento che mi piace per poi andare via, senza visitare gli altri negozi. Ma non sarebbe stato così facile.
Il ragazzino fa prezzi da turista e non molla l’osso di un millimetro. Discutiamo a lungo su uno strumento, poi su un altro, poi ritorniamo sul primo. Alla fine, dopo circa 30 minuti di chiacchiere, bluff, finte risate e cazzate varie, lasciamo il negozio con un nulla di fatto. All’uscita, la mia amica egiziana mi guarda pensierosa e mi fa “questa cosa che hai appena fatto.. è molto araba!”, e io non capisco se fa del sarcasmo o no.
Quel pomeriggio non avrei concluso nessun acquisto, ma il mese successivo ci sarei ritornato e avrei negoziato e preso un bellissimo strumento in solo un’ora e mezza.
A Casablanca mi son trovato anche a dovere vendere qualcosa, come ad esempio il motorino, in vista del prossimo trasloco.
In città esiste un mercato specializzato in moto e motorini. Si chiama Derb Sultan e chiunque può andarci a comprare/vendere il proprio mezzo in poche ore.
Ci vado un sabato con Hassan, collega tuttofare e perfettamente a suo agio in luoghi caotici come mercati o pubbliche amministrazioni.
Appena imboccata la stradina principale che taglia il mercato, veniamo letteralmente assediati da 7-8 persone che ci circondano gridando cose in arabo. Hassan rimane tranquillo e io lo lascio fare, pensando che se ci sono così tanti compratori la faccenda sarà risolta in poco tempo.
Tuttavia, dopo 10 minuti, il gruppo di potenziali acquirenti si disperde. “Offrivano troppo poco” mi dice Hassan. Lo capisco e da lì ci mettiamo ad aspettare.
Dopo non molto veniamo avvicinati da altri potenziali compratori. Hassan intavola una trattativa, tenendomi al corrente di come va, con discrezione. Mi dice che loro stanno offrendo € 760, mentre noi ne chiediamo € 780. Penso che ormai è fatta, ma mi sbaglio. I compratori si allontanano, Hassan è infastidito e gli chiedo cosa fosse successo. “Non sono gentili!” mi risponde. Non lo capisco, ma mi rimetto ad aspettare.
Sinceramente, non credevo che la gentilezza fosse un fattore da prendere in considerazione nel vendere uno scooter.
Dopo non molto, un’altra persona ci avvicina e ci assicura che c’è un compratore interessato, ma che non può lasciare il suo negozio incustodito nei meandri del mercato (fin lì eravamo rimasti sulla strada principale). Così ci avviamo verso l’interno, spingendo il motorino a mano.
Quando Hassan capisce che è una presa in giro e che in realtà il presunto compratore è lo stesso non gentile di prima, un tipo che parla italiano mi ha già preso sottobraccio e portato in disparte per negoziare. Mi fa vedere il suo negozio, pieno di veicoli con ancora la targa italiana, mi racconta di come li rubano e di perché lui tratta solo buoni affari. Poi mi fa chiamare da un suo amico, memorizzato come “Youssef Italya”, che con spiccato accento napoletano mi racconta della sua vita e del suo lavoro a Scampia – tristemente famosa periferia di Napoli. Mi chiede se conosco qualcuno di lì e ripete questo nome con una certa insistenza.
In quella, Hassan, sfuggito ai cani da guardia del compratore, mi viene incontro preoccupato chiedendomi se avessi raggiunto un accordo per la vendita. Gli rispondo di no e che non avrei voluto venderlo a quel tipo. Lui mi rinfaccia “Ti avevo detto che non era gentile!”
E lì capisco che ‘non è gentile’ deve essere il modo gentile di Hassan di dire ‘camorrista’.
Battiamo in ritirata, fra una marea di scooter nuovi, usati, rubati, e una marea di rottami tenuti insieme dalla magia di un meccanico esperto.
Dopo un po’ ci arrendiamo e decidiamo di riprovarci il weekend successivo. Prima di partire, però, Hassan mi fa notare l’alone di una cacca di piccione sul nero della carrozzeria del mio 50ino in perfette condizioni e mi dice “Però, per la prossima volta lavalo bene!”.
Ah, ecco cosa è andato storto.
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