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Dal barbiere


Nella mia vita ho cambiato barbiere diverse volte, quasi sempre per necessità piuttosto che per scelta. A Potenza, da piccolo, avevo un barbiere che mi faceva giocare col modellino di una Ferrari mentre aspettavo, che poi ho cambiato per uno più economico a cui fregavo anche le riviste di videogiochi. Recentemente ho cambiato di nuovo per paura che, da adulto, mi venisse chiesto conto di quelle riviste.

A Roma il mio barbiere era un brasiliano 60enne che parlava con un pappagallo e che oggi credo fosse gay ed in coppia coll’altro barbiere, romano. A Maputo c’avevo una chiacchierona signora portoghese ultracinquantenne con i capelli rosa. A Casablanca un ometto che mi faceva scegliere quanto pagare e poi usava i soldi per offrire il caffè a tutti.

Ognuno di questi ha i suoi metodi di tagliare, e io li metto a confronto anche perché, in fondo, chiedo di fare sempre la stessa cosa: “Corti ai lati, più lunghi in cima. Con la forbice. Vai!”

Dopo quasi un mese in Egitto, ho avuto bisogno di trovarmi un barbiere anche qui. Ne ho intravisto uno sulla via del ritorno dal lavoro. “Pace a voi. Parla inglese?”. E lui, sicuro di sé “Si!”.

Il barbiere, che si chiama Said, è un uomo pelato ma con la barba perfettamente, musulmanamente a posto. Zoppica vistosamente, quindi si fa aiutare da un bambino per le piccole cose, e ha un assistente a cui traduce le mie istruzioni. Questi mi fa sedere e comincia a lavorare.

Said mi offre un thé prima e una sigaretta poco dopo. Immagino che la cosa andrà per le lunghe, e invece no. Neppure il tempo di vuotare la tazza, che l’assistente ha finito. A quel punto, la domanda che non mi aspettavo: “Scrub?”, indicandosi la faccia.

“No no, la barba me la faccio a casa..” rispondo mentre finisco il thé, ma in realtà curioso di vedere come vorrebbero ‘strofinarmela’ via. “No, no. Scrub!” insiste, mostrandomi una crema per il viso. Ah, ecchessarà mai!

Accetto, e mentre l’assistente mi toglie i capelli dalla fronte con un chilo di gel, Said mi chiede se adesso volessi un caffè. Non pensavo ci volesse tanto a mettere una crema…

Dapprima l’assistente mi mostra un filo bianco, chiedendo il mio assenso, come se ancora avessi per davvero la possibilità di tirarmi indietro. Quindi, tendendo il filo fra una mano e i denti, con l’altra comincia a farlo vibrare insistentemente contro i miei zigomi, lasciandomi due evidenti segni rossi. Alla fine della tortura i miei occhi innocenti e forse lacrimanti interrogano Said, il quale spiega che la procedura serviva per eliminare le borse sotto gli occhi.

A questo punto mi sistemano un asciugamano sulle spalle, accendono uno di quei caschi per capelli, spalmano sulla faccia una roba color argilla, servono il caffè, mi offrono un’altra sigaretta.

Creano un mini bagno turco localizzato, convogliando con un panno il vapore emanato dal casco posto dietro la mia testa solo sul mio viso, tenendomelo sul viso per 5 minuti buoni. Poi lo rimuovono, lo lasciano a lavorare sulla mia pelle, io bevo il caffè, mi faccio un selfie, controllo Facebook con l’assistente che mi spia dall’alto della poltrona. Poi loro escono a fumare, tornano e mi puliscono via la sostanza dalla faccia.

Finita? No. Passano un secondo strato, questa volta nero, a base di carbone. Lo lasciano a seccare, mi offrono un’altra sigaretta, “Non fumo, grazie!”, si mettono a guardare la televisione. Quando questa è asciutta le operazioni passano in mano a Said, mentre il bambino aiuta e l’assistente se ne va nell’angolo. La maschera nera mi viene strappata via dalla faccia.

Finita? Macché. Said mi applica un ulteriore strato color rame su fronte, tempia, zigomi e guance. Più scuro sul naso. Riesce a fumare una sigaretta, il bambino guarda la tv e l’assistente si addormenta sullo sgabello.

Quando Said rientra la crema non è ancora asciutta. Così, per passare il tempo, prende la lametta e comincia ad aggiustare dettagli sul mio viso. Fa tutta scena, perché da radere c’è poco, e lì comincio a sospettare che alla fine non sarò io a fare il prezzo di tutto sto popò di servizio.

Nel frattempo che l’ultima maschera si secca, l’assistente si è addormentato e risvegliato un paio di volte. Infine, Said completa l’opera rimuovendola dalla mia faccia e asciugandomi con un panno bagnato e riscaldato con il phon.

In complessivo fanno circa 20 Euro e più di un’ora e mezza passato sulla poltrona.

Tornando a casa, fra il fascino per l’ingegno dimostrato e la perturbazione per le violenze subite, mi chiedo se sia il caso di trovarmi di già un nuovo barbiere.

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