Chefchaouen
- Antonio Pilogallo
- 18 lug 2016
- Tempo di lettura: 3 min

Insieme con un'amica decidiamo di andare a spendere un finesettimana in questo posto chiamato Scef-sciauen; io perché devo fare e vedere cose, lei perché è originaria di quelle parti, ma non ci va da un sacco di anni.
Chefchaouen è un paesino fra le montagne nel nord del Marocco, famoso ai più per essere stato l’ultimo posto a essere liberato dagli spagnoli (a parte Seuta, che è tuttoggi ancora ‘Andalusia’) e per avere tutte le case del centro storico dipinte di un fiabesco azzurro-celeste, veramente delizioso, che l’hanno reso patrimonio Unesco.
In realtà, scopro subito che la vera ragione per cui questo villaggetto sperduto è così famoso, è il fatto di essere il maggiore produttore nazionale di cannabis. Tutt’intorno a queste montagne si estendono, in realtà ben nascoste, le coltivazioni che hanno reso il Marocco il maggiore esportatore di hashish in Europa.
Lo scopro subito perché praticamente il primo parcheggiatore che incontriamo, oltre ad aiutarci a fare manovra, ci offre una casa da fittare e dell’hash (in arabo.. credo) da comprare. In pratica, se qualcuno vuole passare un finesettimana rilassante, ma non ha tanta voglia di organizzarsi, può andare a Chefchaouen e semplicemente parcheggiare - che il resto vien da sé.
Per divertimento, a finesettimana ultimato, sfiderei questo qualcuno a pronunciare correttamente il nome del paese. Probabilmente da una scommessa del genere sono nate le molteplici diciture (Sifsawn? Cefcawen? Xauen? Sifsawan?) scrupolosamente riportate da una nota enciclopedia online, a dimostrazione del fatto che anche quelli che scrivono su Wikipedia, spesso, si fanno le canne.
Prenotare un posto dove dormire in un paesino così tradizionale non è stato facile. Il problema è che una marocchina non sposata, per legge, non può dormire nella stessa stanza con un uomo e, dopo averlo constatato con almeno la metà dei B&B del posto, abbiamo dovuto abbandonare l’idea della camera doppia.
Alla fine, siamo finiti ospitati a casa di Uli, un simpatico ragazzo tedesco con pizzetto e capelli biondi alla Dave Mustaine, che non sembra avere più di 35 anni. Uli ci racconta di come, da circa 23 anni, cerca di spendere in Marocco fino a sei mesi ogni anno.
Alla domanda sul cosa avesse fatto innamorare Uli proprio di questo piccolo paesino, lui risponde candidamente “l’erba!”. Il ché, fatti due calcoli, fa pensare che ‘sto tipo abbia imparato a rollarsi le canne prima ancora che a fare il passaggio filtrante a Fifa.
E infatti si vede che Uli ha l’esperienza per gestire le situazioni. Così, quando appena arrivati veniamo seguiti e intercettati dalla polizia, mentre a nostra volta seguivamo sto capellone sorridente nella sua Volvo verde sgangherata per strade sterrate e poco illuminate, lui prende in mano la situazione e – dopo aver strascicato qualche parola in francese stentato.. va a chiamare il suo amico marocchino affinché la risolva nella lingua loro..*
Il resto del finesettimana scorre tranquillo. Il sabato giriamo per la Medina, ascoltiamo un po’ di musica spagnola (per combinazione ci stava pure il festival ‘Alegria’ in quei giorni), sperimentiamo un po’ di cucina tipica.
La domenica ci svegliamo alle 4.30 per andare a fare un’escursione nella vicina Akchouf, una riserva naturale che si sviluppa lungo due fiumi. Lungo il nostro cammino, cinque infinite ore per andare a vedere la cascata in un sentiero costellato da venditori di the, incrociamo diversi altri gruppi di turisti, gran parte di marocchini.
Salutano quasi tutti solo me, che sembro marocchino e che sono l’uomo, e rigorosamente in arabo. All’ennesimo “Salama!”, pur di distrarre la mia attenzione dalle immani fatiche dell’escursione, ho cominciato a rispondere in maniera estremamente sarcastica e spiritosa (“Prosciutta!”, “Soppressata!”, etc.), sghignazzando fra me e me e finendo per dover spiegare alla mia amica cosa significhi –da un punto di vista motivazionale durante un’escursione così sfiancante- sentirsi dare del salame così tante volte.
*scherzi a parte, Uli è stato simpatico e un ottimo padrone di casa. Quanti altri ci avrebbero aspettato alzati fino alle 3 di notte per venirci a prendere all’ingresso del paese, senza poter nemmeno passare il tempo giocando a Fifa?!
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