Quelimane
- Antonio Pilogallo
- 16 feb 2016
- Tempo di lettura: 3 min

Un viaggio fin troppo a lungo rimandato è stato quello che mi ha portato a Quelimane, circa 1600 km a nord di Maputo. Capitale della regione Zambesia, Quelimane sorge sulle rive del ‘Fiume dei Buoni Segnali’, battezzato così da Vasco da Gama che, solo una volta approdato su queste sponde, qui ricevette indicazioni su come raggiungere l’India.
La volontà di visitare questa città e regione, non proprio la principale meta turistica o lavorativa del Mozambico, è nata dalle continue insistenze di alcuni amici del posto, orgogliosi della loro terra in una maniera che mi ricorda i lucani con la Basilicata.
Ora, se è vero che nel discendere l’Italia Cristo si è fermato a Eboli, nel visitare il Mozambico non si deve essere allontanato molto da Maputo. Infatti, il viaggio per raggiungere Quelimane in autobus è durato 30 ore. O, come piace dire a me, “il-tempo-di-andare-e-tornare-da-Sidney-e-invece-io-so-andato-a-Quelimane”.
Nelle 30 ore bisogna contare anche:
l’impossibilità di mettersi comodi in nessun modo, in un autobus di manifattura cinese evidentemente progettato per invalidi di guerra, addetti alla ricerche di mine antiuomo, o comunque persone senza gambe in genere;
l’aver forato una gomma e distrutto il sostegno di ferro interno, le due ore necessarie a riparare il danno, l’arrivo sul fiume Zambesi dopo la chiusura notturna del ponte, a causa del ritardo accumulato, e le 4 ore di attesa successive;
la playlist di una trentina di canzoni con relativi video, a rotazione ininterrotta, per la maggior parte del viaggio;
la sensazione di andare a 180km/h su una strada che io avrei fatto al massimo in 3a e col piede sul freno.
Normalmente ci sono poche (ma buone) ragioni per visitare la Zambesia: la cucina tradizionale; le sconfinate piantagioni di tè, di cocco e i verdissimi paesaggi in generale; le acque termali; il festival musicale di Zalala, il maggiore del centro-nord. Noi abbiamo scelto forse la settimana dell’anno più interessante, ovvero quella del Carnevale, celebrato a Quelimane alla maniera brasiliana, con musica e canti nelle strade e ovviamente tanta tanta samba.
Quelimane è davvero chiamata il ‘Piccolo Brasile’. Inizialmente credevo fosse un trucco dei zambesiani per fare colpo sulle ragazze brasiliane, e invece mi sbagliavo. Adesso, chiedersi se sia nato prima questo soprannome o prima la tradizione del carnevale è come interrogarsi sull’uovo e la gallina. Probabilmente è nata prima la necessità di far colpo sulle brasiliane, perché comunque ho visto che è una cosa che funziona. Ma è una teoria mia.
Normalmente la città è di una tranquillità esagerata: ci si muove solo in bicicletta e si paga 10 metical per un passaggio dai cosiddetti taxi-bike, che ti caricano come un pacco e pedalano fin dove desideri. L’andazzo tranquillo in bicicletta è quello che scandisce il ritmo di tutta la città. Così, la settimana del carnevale passa fra giornate a sperimentare l’originale e spettacolare cucina zambesiana e nottate a suon di samba e, perché no, kizomba.
Quelimane è così tranquilla che addirittura finisce al telegiornale locale il fatto che “in occasione del carnevale, si udivano nelle strade della città accenti italiani...”.
Così, una settimana scorre via piacevolmente e senza intoppi. I miei amici zambesiani sono soliti tornare a Quelimane per ricaricare le batterie usurate dallo stress di Maputo, e ora capisco anche questo. Seguendo la filosofia del ‘fatto 30, facciamo 31’, io decido di continuare il viaggio verso nord. Così, saluto tutti e vado a prendere l’autobus per Nampula che parte alle 4 di mattina. Ma l’autobus arriva solo alle 11 e riparte mezz’ora dopo. Abbandonare Quelimane mi stressa già un po’. (continua)
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