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Una vecchia cartolina

  • Immagine del redattore: Antonio Pilogallo
    Antonio Pilogallo
  • 5 set 2015
  • Tempo di lettura: 6 min

Durante l’epoca coloniale, l’attuale avenida Mariem Ngouabi era la strada che divideva la città di cemento dove vivevano i bianchi, dalla città di canne e lamiere dove invece abitavano i neri. Appena oltre questa strada si apre Mafalala, un quartiere simbolo della storia recente di Maputo che deve avere centinaia di storie da raccontare, al di là di quelle che si trovano sui (pochi) documenti esistenti.

E’ forse il fascino che questo posto esercita che ci ha portato un paio di volte ad alcune incaute escursioni in notturna, che per una volta ci ha permesso di scoprire che paghiamo la birra allo stesso prezzo del mozambicano, che ci ha spinto a ritrovarci alle due di notte in una qualche baracchina ad ascoltare la storia o il delirio di qualche tizio che tentava di spiegarci perché siamo tutti fratelli.

Lo stesso fascino che porta a comprare cartoline con foto di Mafalala che ritraggono labirinti di terra e lamiere che potrebbero essere in qualsiasi altro quartiere periferico, o semplici cartelli d’indicazione del numero della strada. E che un giorno fa decidere di tentare un’escursione diurna in quel labirinto, tentando di ritrovare quella strada numero 3033 che si vede nella cartolina.

Ci vado un sabato mattina, lasciando l’auto in un parcheggio di un supermercato e avventurandomi a piedi per una strada laterale, al confine est del quartiere.

Non ci vuole molto ad attirare l’attenzione delle altre persone, che bianchi non se ne vedono tanti da queste parti, e la cosa inizialmente m’innervosisce. Proseguo per un pezzo tentando di non incrociare altri sguardi e concentrandomi invece nel localizzare i cartelli ai vari incroci del posto.

Il quartiere è un labirinto. Alle poche strade pavimentate se ne incrociano disordinatamente innumerevoli di fango e sabbia, insieme a fetenti canali di scolo, anch’essi a volte segnalati numericamente. Fiducioso nell’esistenza di un sistema nella numerazione delle strade, prendo nota mentale della posizione dei cartelli che incontro, credendo che una volta capito lo schema sarebbe stato facile raggiungere il 3033.

Da subito trovo il 3028, poi il 3037, il 3026, il 3051.. La strada principale serpeggia, quindi a volte devo ricorrere sia al satellitare del blackberry per capire dove mi trovo, sia alla condivisione della localizzazione tramite whazzup con l’altro cellulare lasciato in casa, in maniera che eventualmente possa essere ritrovato anche dai soccorsi..!

Dopo un‘ora che giro, ritrovo il baretto teatro della prima incursione notturna, 5 mesi prima. La padrona non si ricorda di me, ma interrompe volentieri le pulizie in corso per servirmi una coca cola e guardare la foto della cartolina, tentando di aiutarmi. Non riuscendoci, chiama la signora che vende polli di fronte al bar, la quale coinvolge in un brainstorming una sua amica e una cliente del momento.

Mi chiedono se sono in grado di dargli altre indicazioni oltre alla foto, o almeno di spiegarle perché sto cercando questa strada. Non sembrano capire la spiegazione che gli do, ma mi consigliano di andare a parlare con il capo del quartiere, che lui conosce tutte le strade. Infine, non sapendo io come trovare il capo del quartiere, mi affidano alla guida del figlio della pollaia.

E così Ibraim, 10 anni, mi accompagna a cercare il capo del quartiere. Dice che oggi non c’è scuola perché è sabato, ma che lui non va neppure gli altri giorni perché nel quartiere non ci sono scuole. Ibraim gonfia il petto quando gli altri bambini lo vedono passare accompagnato da un mulungo. Seguendolo, lasciamo presto la strada pavimentata. Non troppo lontano incontriamo la casa del capo; Ibraim scompare dietro il cortile a chiamarlo, mentre io chiacchiero con una signora seduta lì davanti.

Quando vien fuori il Sig. Paulo, capo del blocco, trasporta una carriola vuota ed ha le mani sporche di cemento. Guarda la foto, restituendomi il cellulare sporco di polvere bianca e scuotendo la testa. Mi dice che esiste un ordine delle strade e mi consiglia però di andare al ‘Circolo di quartiere’, dove dovrebbero avere la mappa dello stesso.

Senza Ibraim, ritrovo comunque la maniera per tornare alla strada principale e, di nuovo con l’aiuto della signora del bar, il Circolo. Entrato nel cortile, chiedo informazione a delle signore che, sedute per terra sulle loro capulane, stanno pelando patate e tagliando ortaggi in grande quantità. Mi informano che il circolo è chiuso il sabato, ma che avrei potuto trovare qualcuno con cui parlare alla festa che stavano organizzando per quel pomeriggio.

Mi rimetto in strada a cercare, riprendendo quella principale e cercando a destra e sinistra, sopra e sotto. Dopo un po’, mi accorgo che Ibraim mi sta seguendo, così l’aspetto per poter camminare fianco a fianco. Ritrovo la strada 3051, poi la 3047, entrambe di fango e parallele. Alla parallela successiva, però, non c’è cartello. Ibraim mi fa cenno di aspettare e si mette a correre, lasciandomi all’incrocio con la principale. Una trentina di metri più in là mi fa di nuovo cenno e poi ricomincia a correre. Raggiungo la posizione dove si trovava e scorgo l’altro cartello, 3045. Ma lui è già sparito di nuovo, senza che io possa neppure ringraziarlo.

Rincuorato dalla possibilità di aver capito lo schema, m’inoltro per le strade di fango prima, e per gli strettissimi vicoletti poi. Una signora che mi credeva perso e cui richiedo informazioni mi spiega che solo le strade maggiori hanno un numero, quindi era inutile continuare nei vicoletti.

Seguendo la sua indicazione, trovo la 3041 prima e la 3037 di nuovo. Peccato che fosse l’ultima parallela, prima del confine del quartiere, come mi confermano due ragazzi, che mi consigliano di spostarmi più a sud. Torno in pratica al punto di partenza e prendo direttamene per una strada fangosa che va in direzione opposta a quanto esplorato in precedenza.

I numeri delle strade che trovo sembrano nuovamente disposti in maniera casuale, non rientrando nello schema che credevo aver trovato. Dopo un’altra mezz’ora a girovagare, mi ritrovo a imboccare sconsolato un’uscita a sud, spuntando proprio sulla Mariem Ngouabi. Strada 3021. Stanco e un po’ deluso, mi avvio verso est, dove avevo parcheggiato. Il primo incrocio è con la 3019. Il secondo con la 3017. Vuoi vedere che c’è un altro schema, in questo punto? Controllo sul satellitare e, a occhio e croce, è possibile che ci siano abbastanza strade fino a quella con il numero che cerco, prima limite ovest del quartiere.

E’ lontano, ci devo andare in auto. Ripercorro in senso contrario la Mariem Ngouabi. Parcheggio dove mi sembra più sicuro, proseguo a piedi ed in effetti trovo la 3029 e la 3031 e, un po’ più in là, finalmente la 3033! Ovviamente, il cartello che lo indica non è quello della cartolina ma mi viene in mente come, per combinazione, quella strada è stata teatro della seconda escursione – in realtà finita presto perché quella volta non potemmo percorrerla in auto per oltre una 50ina di metri.

Rientro dunque in Mafalala, devo per lo meno accertarmi se quel cartello esiste ancora oppure no. C’è una curva, speriamo che la strada non finisca qui. Continuo ancora un po’ ed eccolo!! Proprio lì, sotto quella tettoia!! Ok, hanno riverniciato la parete e la faccina visibile in cartolina non c’è più. Però ci sono i proprietari di casa, due cugine che giustamente non mi lasciano entrare e che mi dicono che quella è sempre stata una semplice casa, anche in tempo coloniale.

Chiedo se posso fare una foto e, concedendomelo, mi chiedono se è per mandarla lààà*, nel mio paese. Le rispondo che la foto della loro casa già è lààà, dal momento che si trova su una cartolina che chissà quanti stranieri hanno già acquistato, spedito o tenuto per ricordo. In realtà, non ne sembrano particolarmente impressionate..

E in realtà, mi rendo conto che tutta questa faccenda possa avere avuto poco senso per le persone che ascoltavano le mie spiegazioni quando chiedevo loro indicazioni (o per chi leggerà questo post). Glielo leggevo negli occhi, quando gli spiegavo che non stavo cercando un tizio o un edificio, ma solo un posto che insieme con una persona amica ci eravamo ripromessi di trovare e che, per mancanza di tempo prima della sua partenza, non avevamo mai cercato.

E così questo sabato, il giorno del suo compleanno, mi ero ripromesso di fare questa ricerca e poi raccontarglielo – come forma di fare una piccola esperienza insieme anche se fisicamente distanti - e magari mandarle un selfie con il cartello della strada di Mafalala numero 3033. Ma niente, quello, al di là del muro di recinzione della casa, non è riuscito..

*in mozambicano, la distanza del luogo indicato è direttamente proporzionale alla lunghezza del “làààà” che lo indica

 
 
 

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