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Xitique

  • Immagine del redattore: Antonio Pilogallo
    Antonio Pilogallo
  • 2 apr 2014
  • Tempo di lettura: 2 min

Un secondo piccolo spaccato di tradizioni mozambicane ci viene offerto nel viaggio di ritorno dal Sudafrica. L’autista Amerigo ci chiede se, tornando, possiamo fermarci un attimo a prendere la sua namorada “che tanto è di strada!”. Meglio non contraddire l’autista - nonché unica persona che sa dove ci troviamo - e dunque, sospettosamente, accettiamo.

Per strada Amerigo ci racconta che in Mozambico esiste la tradizione dello Xitique. Questa parola fa parte della lingua locale changana, e non può essere tradotta. La tradizione consiste in una colletta fatta ogni mese da un gruppo di famiglie o amici, che mettono in comune dei soldi ed a turno li regalano ad una delle famiglie del gruppo. Un modo, molto diffuso, di racimolare dei risparmi ed avere ogni tot mesi un piccolo capitale per spese straordinarie. Per molti, inoltre, una scusa per festeggiare tutti insieme almeno una volta al mese.

Come nei migliori film, il racconto di Amerigo termina proprio mentre parcheggiamo. Quindi, sfoderando il suo bianchissimo sorriso nella notte, ci dice che guardacaso, la sua ragazza sta celebrando questa tradizione proprio nella casa di fronte, con gli amici del loro gruppo. Dunque, ci invita a scendere per salutare e magari bere qualcosa, prima di rientrare. Forse poco prudentemente, accettiamo.

Veniamo accolti con baci e abbracci, tutti i presenti -una quindicina di persone- si fanno incontro per venirci a dare il benvenuto ed il ‘buon giorno della donna’ (era l’8 marzo). Ci mettono a sedere a una tavolata già sgombra dalle vivande, appena illuminata da un paio di lampadine, e ci portano da bere e da mangiare in abbondanza. L’atmosfera è decisamente allegra, anche perché subito riprendono canti e balli. Ci viene facile rilassarci e dimenticarci della stanchezza del safari.

Il padrone di casa è entusiasta della nostra presenza, quasi commosso, probabilmente anche brillo. Dice che la nostra presenza è un dono del signore, che la gente buona è sempre accetta a casa sua perché la gente buona ha il sangue buono e quindi sono tutti fratelli. Almeno, questo mi è sembrato il succo di un discorso molto più complicato, specie quando Amerigo si allontanava senza tradurre.

A un certo punto canti e balli vengono sospesi e tutti si riuniscono attorno al tavolo, dove noi ancora stiamo col boccone in bocca. Una signora del gruppo si fa avanti con un piatto pieno di banconote. “Apposto..” mi dico “..ora ci chiedono il contributo!”.

Invece, mentre già stavamo mettendo mano al portafoglio, Amerigo ci spiega di come quelli siano i soldi raccolti con lo Shtiki e di come stia per avvenire il momento simbolico della consegna, accompagnato da una preghiera. Il padrone di casa vorrebbe che fosse uno di noi ospiti a effettuare simbolicamente la consegna e la signora mi porge il piatto.

Beh, a dirla tutta, la mia preghiera assomigliava più a un brindisi che a un’orazione. Ma vabbè..

I padroni di casa non rivelano come saranno utilizzati i soldi ricevuti (di solito servono per fare lavori per la casa), dicono che è per un progetto e che quando si realizzerà saremo nuovamente tutti invitati a condividere la loro felicità. Piacevolmente, accettiamo.

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